martedì 4 marzo 2008

LIBERALISMO E CIVISMO: IL TEMA FISCALE.

Le attuali condizioni sociali, dei conti pubblici italiani e della congiuntura internazionale, pone il futuro governo nelle condizioni di adottare provvedimenti immediati ed emergenziali per aumentare il potere di acquisto per le fasce più deboli. Alcune delle proposte già lanciate, come il salario minimo garantito, azzeramento del prelievo fiscale relativi agli straordinari ed alle tredicesime, possono rivelarsi sicuramente utili nel breve periodo, ma certamente bisogna lavorare ad un insieme d'incisive riforme che abbia una compatta visione su: riforma della struttura di Stato; federalismo; fisco; liberalizzazioni; modernizzazione della pubblica amministrazione; riconcezione del welfare (sanità,lavoro, scuola), meritocrazia, giustizia, sicurezza ed altro ancora.
Quindi oltre a gestire l’emergenza, il prossimo governo ed il prossimo parlamento devono lavorare su una ristrutturazione forte dello Stato in molti settori ed il mio auspicio è che venga fatta con spirito liberale, con un patto chiaro con i cittadini, laddove ognuno assuma le proprie responsabilità, frutto di una reciproca fiducia: da una parte le istituzioni dall’altra i cittadini.
Un tema centrale sulle riforme da realizzarsi è quello fiscale, una riforma improcrastinabile da realizzarsi su basi completamente nuove, non determinate dalla modulazione delle aliquote come fatto sinora. Usando una metafora non è più possibile avere una vecchia radio a valvole su cui si opera ruotando grossolanamente le varie manipoline, quando occorre una nuova radio con tanti bei circuiti elettronici con processori, che permettano un controllo fine per avere un uso più semplice e confortevole.
Proprio sul fisco è possibile sintetizzare quanto scritto nei post precedenti: E’ possibile avere un fisco liberale, inteso come sistema di prelievo trasparente e chiaro, senza avere quell’ossessione burocratica ed ostativa per lo sviluppo determinato da controlli eccessivi? E’ possibile avere un fisco equo e solidale distributore di una parte della ricchezza prodotta e finalizzata anche per realizzare quell’insieme di servizi per la collettività, se il contribuente non abbia quel senso civico dell’utilità comune?
Quindi le due cose s’intrecciano: non possiamo avere una concezione fiscale liberale senza contare sulla responsabilità individuale dei cittadini, mettendo la loro coscienza civica nelle condizioni migliori per esercitare il diritto-dovere di contribuire ai servizi collettivi.
Spesso abbiamo sentito parlare di lotta all’evasione, cogliendo di essa una natura sistemica, che a mio parere ha le sue radici storiche in anni di dominazione straniera e quindi vessatoria, da una struttura giuridica appesantita, confusionaria e poco trasparente, che pare essere fondata sull’assioma: il cittadino le tasse non vuol pagarle ed è, quindi, un evasore per natura.
E’ una logica completamente sbagliata che ha ingenerato norme capestro, con un eccesso di norme anti-evasione ed anti-elusione e di relativi controlli, rendendo alla comprensione dei più il fisco un nemico.
Concludendo, quindi, si ha bisogna firmare quanto prima questo contratto civico fra le istituzioni e il contribuente con una fiscalità liberale, snella e non totalitaria, fondata sul senso civico e la fiducia nei contribuenti; contratto che come afferma l’On. Tremonti troverebbe il suo grado di massima efficienza con il ruolo fondamentale degli enti locali, in un contesto federalista laddove il contribuente paga e vede.
Per molti l’ipotesi potrebbe apparire al limite dell’utopia, ma è una delle poche modalità operative per un possibile rilancio dell’Italia.